La Rivista

 

 

 

 

 

EDITORIALE

  

La stazione ferroviaria dalla storia al progetto

 

 

 

 

 

Da sempre vissuta come spazio pulsante della vita quotidiana, la stazione ferroviaria è stata riconquistata, di recente, come nucleo dinamico della città.

Fra le infrastrutture di trasporto, che nei decenni hanno plasmato la forma urbana, il sistema di trasporto su binari rappresenta l’apparato più complesso ed esteso. Le esigenze cambiano e anche la stazione cambia. Così, mentre si progettano (e, all’estero, già si sono costruite) nuove stazioni per l’alta velocità ferroviaria, supertecnologiche e interconnesse con la restante rete di trasporto, si studiano anche interventi per adattare le stazioni storiche a nuove concezioni. Interventi che potenziano gli scambi intermodali e costituiscono l’occasione per riorganizzare ampie zone urbane, come è accaduto recentemente col masterplan della stazione di Basilea e come si annuncia per la stazione Sagrera di Barcellona, dove si attuerà la copertura dei binari. Interventi che talvolta ribaltano il ruolo storico dell’edificio ferroviario, come sta avvenendo nella stazione di Stoccarda, trasformata in passante sotterraneo.

Nel nostro Paese, della stazione si tende ad esaltare e  sfruttare l’attrattività sotto il profilo commerciale, ma questa è un’operazione ad alto rischio quando l’edificio appartiene alla storia dell’architettura: in questi casi l’innovazione dovrebbe garantire, con l’aggiornamento funzionale, anche la salvaguardia di un bene rilevante sotto il profilo culturale. In questo momento si discute animatamente sul progetto di “rifunzionalizzazione” dell’edificio di Ulisse Stacchini a Milano Centrale e si annunciano (si temono) modificazioni allo straordinario, affascinante equilibrio della stazione di Michelucci a Firenze S. Maria Novella. In questi due casi, soprattutto,  il problema prioritario dovrebbe essere quello della conservazione e del restauro dell’edificio.

Nel presente numero della rivista, dedicato alle trasformazione degli spazi ferroviari, l’attenzione va anche alle infrastrutture dismesse. Molte delle linee chiuse all’esercizio sono rimaste inutilizzate, mentre il loro sedime si presterebbe ad un uso legato alla mobilità dolce. Vari paesi già si stanno muovendo in questa direzione, e in Italia è stata presentata una proposta di legge per poter operare in modo sistematico. In città, il patrimonio non più funzionale all’esercizio offre opportunità di riqualificazione di vaste aree: a Bergamo, l’area dell’ex scalo merci, reintegrata nello spazio urbano, permetterà di saldare due zone da sempre separate; a Bolzano un progetto ambizioso prevede di recuperare una vasta area a ridosso del centro storico spostando la barriera ferroviaria.

All’inserimento di nuove costruzioni nei nostri centri storici è dedicata l’intervista nella rubrica “Forum”: ne risulta che il dialogo fra nuovo e antico è possibile, a condizione che la nuova opera non sottragga senso, valore e bellezza alla testimonianza storica, ma ne aggiunga. Per noi, un messaggio rasserenante, ma anche una grande responsabilità.

 

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