La Rivista
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EDITORIALELa strada come architettura Sulle pagine dei quotidiani e dei periodici a larga diffusione si parla spesso di arterie stradali. Se ne parla per reclamare la costruzione di nuovi tratti autostradali, pedemontane, passanti, o per annunciare l’approvazione dei relativi finanziamenti. Quasi sempre sono opere urgenti, drammaticamente in ritardo rispetto al traffico su gomma, che incalza nonostante i rincari del carburante e gli appelli all’uso ragionevole dell’automobile. Si lavora, dunque, in emergenza, spingendo l’acceleratore per superare gli ostacoli d’obbligo, quelli che impongono di valutare e discutere (in una coralità talvolta estenuante) l’impatto che le infrastrutture avranno sull’ambiente. Il problema sta proprio nella fretta: vogliamo al più presto il cantiere. Non abbiamo tempo (ma forse non ne avvertiamo l’esigenza, quasi nessuno lo ha suggerito, certo non i mass media) per chiedere un progetto che all’opera dia un senso complessivo: non solo strada, ma anche paesaggio rielaborato attorno a quel potente, indiscutibile segno della contemporaneità. Gli interventi che proponiamo in questo numero della rivista nascono, invece, da riflessioni attente. In Francia Bernard Lassus pensa all’automobilista che transita sulla strada, al suo campo visivo, e quindi al paesaggio che gli scorre accanto e ai “luoghi intermedi”, che non sono partecipi né del sistema autostradale né del luogo specifico, ma di entrambi nello stesso tempo. Sempre per i luoghi di sosta, nell’Italia degli anni Settanta Costantino Dardi e Vittorio De Feo crearono, per due compagnie petrolifere, delle stazioni dei servizio concepite come segni architettonici.. Torniamo al presente con la Ronda del Mig di Barcellona, un’arteria fondamentale che Bernardo de Sola ha coperto, ottenendo nuovi spazi destinati a verde e passeggio e quindi trasformando un luogo di divisione in elemento di unione. Se l’utilità può coniugarsi alla bellezza, ecco i ponti di Jorg Schlaich, concepiti integrando calcolo statico del manufatto, sito in cui si colloca, vincoli, dimensione del traffico. E come esempio di programmazione, ecco i Paesi Bassi, dove la scarsità del territorio induce a una strategia serrata, ma al tempo stesso stimola l’apertura all’innovazione. Un’autostrada non è soltanto un’autostrada. Calvino l’aveva colta come simbolo della trasformazione tecnologica che ha cambiato la nostra vita. Gli scrittori italiani dei nostri giorni, invece, non ne intuiscono l’aggancio col nostro quotidiano pulsante, di fatto relegandola a un ruolo marginale, quasi di non-vissuto. Solo superando questa disattenzione potremo amare, finalmente, questo luogo che da tempo ci appartiene.
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