La Rivista
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EDITORIALETrasporti intermodali sostenibilità e territorio
La sostenibilità dei trasporti è legata a un uso razionale e coordinato delle varie modalità di trasporto. Parliamo di intermodalità: un concetto noto da tempo ma – ahimè – scarsamente applicato, in particolare nel nostro paese, dove la quasi totalità delle merci viaggia su strada (oltre l’85%, contro il 10% scarso per ferrovia). Le conseguenze sono note in termini di ambiente, sicurezza, vivibilità delle strade e delle aree urbane, e su questa stessa rivista ne abbiamo parlato più volte. In questo numero presentiamo una serie di esperienze e progetti che, sempre in tema di intermodalità, sono stati maturati in altri paesi. Si parte dalla Nuova Zelanda, paese lontano e civilissimo, dove un passo avanti importante è stato compiuto dal governo con l’elaborazione di un documento strategico che punta all’incremento del trasporto marittimo, da integrare e coordinare con gli altri sistemi di trasporto: l’obiettivo è quello di dimezzare, entro il 2040, le emissioni di gas pro capite derivanti dal settore dei trasporti. Mentre l’Unione Europea ha avviato dagli anni ’90 una riflessione continua sul tema del trasporto merci, puntando a rafforzare l’intermodalità, ma confrontandosi con le difficoltà di un territorio a presenza insediativa diffusa, negli Stati Uniti la riflessione si è avviata più tardi. Là il sistema produttivo è affidato al trasporto su strada, e punta tutto sulla flessibilità e sulle capacità delle consegne via camion. Tuttavia, in vista di un incremento del traffico, anche gli Stati Uniti intendono sviluppare il trasporto intermodale, che è favorito dalla disponibilità di spazi e dall’esistenza di una rete ferroviaria specializzata proprio per il trasporto merci. In Italia il Piano della Logistica del 2006 individua quattro macro-aree di interesse logistico, con conseguente definizione di una rete portante di nodi e terminali che dovranno operare in rapporto di collaborazione. Intanto si elaborano progetti di respiro molto ampio, la cui utilità si scontra con la complessità e i costi dell’eventuale realizzazione. Si pensa ad un potenziamento del porto di Genova ricavando i necessari spazi retrobanchina e gli altrettanto irrinunciabili collegamenti terrestri scavalcando l’Appennino: l’idea è quella di creare nel basso Piemonte un porto secco collegato in modo diretto e continuo con le infrastrutture portuali a mare attraverso un tunnel industriale. Il secondo studio, ancora più ardito, ipotizza la creazione di un collegamento Adriatico-Danubio, fra Trieste e Bratislava, che comporterebbe anche la costruzione di una galleria lunga oltre 120 km, percorribile dalle navi dopo un sollevamento verticale mediante ascensori meccanici. Una soluzione molto interessante sul piano ingegneristico che però, evidentemente, pone molti interrogativi quanto all’effettiva realizzazione. Muove, invece, già sul piano della concretezza il processo di interoperabilità ferroviaria europea: per consentire una circolazione dei treni sicura e senza soluzioni di continuità sulla rete trans europea di trasporto (TEN-T) si va attuando la standardizzazione dei sistemi nazionali, sia sul piano tecnico che su quello operativo. Un progetto di grande complessità che coinvolge, oltre alle istituzioni europee, anche gli Stati membri, i gestori delle infrastrutture, le imprese di trasporto, le industrie del settore ferroviario. Un esempio significativo di quanto si riesce a realizzare con la volontà e l’impegno comune.
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