La Rivista

 

 

 

 

 

EDITORIALE

 

Disastri, ricostruzioni, continuità

 

 

 

 

 

 

Il tema affrontato in questo numero è, purtroppo, di stretta attualità: il 2009 ha fatto registrare infatti nel nostro paese, oltre ad altre calamità naturali, il terremoto d’Abruzzo, che ha portato conseguenze devastanti.

Il  primo obiettivo che può porsi una rivista come la nostra, in tema di disastri, è quello di ascoltare voci autorevoli riguardo alle possibilità di prevenire le perdite di vite umane e la distruzione di edifici,  monumenti, infrastrutture.

Il secondo obiettivo è quello di raccogliere testimonianze sulle modalità della ricostruzione, a partire dall’emergenza, ma pensando da subito al futuro.

Il terzo obiettivo è quello di sensibilizzare i lettori  sulle condizioni irrinunciabili – in termini tecnici, culturali, morali - sia della prevenzione che della ricostruzione.

 Abbiamo anticipato alcuni di questi argomenti in un convegno da noi organizzato con il Collegio Ingegneri e Architetti della provincia di Verona. Nelle pagine che seguono pubblichiamo due saggi sul dopo-terremoto nel capoluogo abruzzese, l’uno focalizzato sulle reti dei servizi essenziali, l’altro su una nuova modalità tecnico-organizzativa che ha consentito di affrontare l’emergenza abitativa. Non poteva mancare una testimonianza sulla ricostruzione nel Friuli, che ha saputo rinascere dal terremoto del 1976.

A proposito delle ricostruzioni a seguito di un disastro, noi siamo convinti che si debba compiere ogni sforzo possibile - giungendo, se le condizioni lo permettono, fino alle soglie del miracolo – per ripristinare la situazione precedente allo sconvolgimento. Non ci riferiamo solo al restauro dei monumenti di indiscusso valore culturale, ma anche all’eventuale recupero (fatte salve le esigenze di ammodernamento tecnologico-funzionale) dei più modesti edifici civili e religiosi, delle case, delle piazze, rispettando le dimensioni spaziali, le forme costruttive, i materiali, gli ornamenti, la tipologia di vegetazione, insomma tutti gli elementi che costituiscono la fisionomia, l’anima stessa  di un abitato. L’esigenza ci sembra particolarmente forte quando ad essere colpita dal sisma o dall’alluvione  è una piccola comunità, che solitamente sente più vivi  i legami con la tradizione, e comunque ha il diritto di scegliere le modalità della ricostruzione.

Imporre novità progettuali, in questi casi, potrebbe tradursi in un’ulteriore violenza sugli abitanti, già duramente provati. In questi casi  il recupero mattone su mattone,  la ricostruzione di  un edificio “com’era dov’era” può tradursi in  un segno di rispetto per la sfera delle emozioni, di salvaguardia della continuità storica. Noi la pensiamo così, ma poiché siamo  aperti al confronto, ospitiamo nella rivista  anche opinioni differenti.

Sempre in termini di confronto, diamo spazio ad  esperienze maturate in altri paesi: la Turchia, dove si sta realizzando un nuovo sistema ferroviario a prova di sisma, il Giappone, con un resoconto sul recupero del waterfront di Kobe dopo un terremoto, la Nuova Zelanda, dove si sperimentano tecnologie innovative per costruire edifici capaci di resistere a scosse sismiche di rilevante intensità.

A proposito di prevenzione, come cittadini pretendiamo il rigore assoluto, da subito, nelle modalità costruttive: sull’onda emotiva del recente  terremoto, ci vien da pensare soprattutto ai criteri di costruzione antisismica. Le norme ci sono, possono essere rese più efficaci, si deve controllare la loro concreta applicazione. Si debbono poter individuare con chiarezza i responsabili della mancata applicazione. E i responsabili – in caso di future conseguenze dannose per le persone o i beni – dovranno essere puniti.

ArchivioIndietroAvantiHomePage